Ed ora passiamo al secondo argomento.
Dal libro "In nome della madre" di Erri De Luca è stato individuato questo brano che parla dell'annunciazione a Maria.
MIRIAM RACCONTA.....
Ero in piedi e l'ho visto contro luce davanti alla finestra. Ho abbassato gli occhi che avevo riaperto. Sono sposa promessa e non devo guardare in faccia gli uomini. Le sue prime parole sul mio spavento sono state: "Shalòm Miriàm". Prima che potessi gridare, chiamare aiuto contro lo sconosciuto, penetrato nella stanza, quelle parole mi hanno tenuto ferma: "Shalòm Miriàm", quelle con cui losef si era rivolto a me nel giorno del fidanzamento. "Shalòm lekhà" , avevo risposto allora. Ma oggi no, oggi non ho potuto staccare una sillaba dal labbro. Sono rimasta muta. Era tutta l'accoglienza che gli serviva, mi ha annunciato il figlio. Destinato a grandi cose, a salvezze, ma ho badato poco alle promesse. In corpo, nel mio grembo si era fatto spazio. Una piccola anfora di argilla ancora fresca si è posata nell'incavo del ventre.
Il mio losef, bello e compatto da baciarsi le dita, si stringeva le braccia contro il corpo, cercava di tenersi fermo, ripiegato come col mal di pancia. La notizia per lui era una tromba d'aria che scoperchiava il tetto. Tentava un riparo con il corpo, smarrito in faccia, i muscoli che saltavano fuori dalle braccia. Si proteggeva il ventre teso e magro, non si permetteva di toccarmi, di scuotere la mia calma così opposta al suo sgomento, senza poter fingere un po' di agitazione. Ero in piedi, schiena dritta, un'agilità nuova mi dava slancio, mi accorgevo di essere più alta e più leggera precisamente al centro del corpo, sotto le costole nell'ansa del ventre. Là dove lui accusava il colpo il peso coi muscoli contratti di un atleta sotto sforzo, io ricevevo una spinta dal basso verso l'alto da aver voglia di mettermi a saltare. I suoi capelli a ciuffi scossi sbattevano sulla fronte chiara, ballavano davanti agli occhi. Glieli misi in ordine con un paio di carezze n'che. Nel suo scompiglio era ancora più bello.
"Cos'altro ha detto, cos'altro", chiedeva losef affannato con la testa tra le mani, gli occhi a terra. "Sforzati di ricordare, Miriàm, è importante, cos'altro voleva far sapere?"
Gli uomini danno tanta importanza alle parole, per loro sono tutto quello che conta, che ha valore. Josef le voleva per poterle serbare, riferire. Immaginò subito le conseguenze legali. L'annuncio aveva rotto la nostra promessa. Ero incinta di un angelo in avvento, prima del matrimonio. Perciò chiedeva altre parole da riportare all'assemblea, in cerca di una difesa di fronte al villaggio.
"Cos'altro ha detto, Miriàm? Ti prego, sforza la memoria, è accaduto solo poche ore fa." "Ero sopra pensiero, Josef, stupita da un rimescolio del corpo, dalla polvere chiara che mi aveva investito senza lasciare traccia a terra, solo addosso. Ce l'ho ancora, la vedi?" "Lascia stare la polvere, pulirai dopo, adesso aiutami, cosa racconterà agli anziani?"
Mentre accadeva guardavo in basso, là veste fino ai piedi. Sotto, il mio corpo chiuso era calmo come un campo di neve. Mentre parlava io diventavo madre.
Era per me il giorno uno della creazione. Mi sforzavo di ricordare qualcosa per consolarlo. Mi stava a cuore il suo sgomento, m'importava di lui mortificato dalla rottura del nostro patto di unione. Non m'importava delle conseguenze da un'ora all'altra io non appartenevo più alla legge. Provavo a ricordare, ma mi veniva solo un'allegria, una festa per quella nicchia in corpo che mi faceva madre senza aiuto di uomo. Sotto la sua preghiera ricordai qualcosa: “Berukhà att'miccòl hannashìm", “benedetta tu più di tutte le donne”. "Berukhà?”, "miccol hannashìm?", ripeteva stordito, spaesato. Sulle mani annerite dai calli cadevano lacrime bianche. "Non basta, Miriàm, non basta a spiegare, aiutami, ricorda, ricorda ancora." "Basta, Josef, basta, questo è quello che è successo oggi a mezzogiorno. Sono venuta a dirtelo. Fai di me quello che vuoi."
"Cos'hai Miriàm? Sorridi? Non abbiamo tempo, è già buio e l'incontro non può durare ancora. Dobbiamo separarci e non abbiamo deciso niente." Ero felice. Avrei voluto abbracciare il mio Josef, per lui mi era salita in petto una tenerezza mai provata. Il rispetto, la soggezione, che ci insegnano verso l'autorità maschile, abbassano i sentimenti affettuosi. Ma l'annuncio dell'angelo e la risposta del mio corpo quel giorno mi avevano affrancato. Non arrossivo, la fiducia di essere nel giusto mi dava la prontezza necessaria e un contegno nuovo. Anche il mio silenzio era cambiato. Con la tenerezza venne la gratitudine. Mi aveva creduto. Contro ogni evidenza si affidava a me. Sulla sua bella faccia non s'era mosso, neanche un muscolo del sospetto, un aggrumo di ciglia, uno sguardo di sbieco. E aveva visto la sua Miriàm per la prima volta, perché era la prima volta che lo guardavo in faccia senza abbassare la fronte, come neanche le: mogli osano fare. Mi aveva creduto, ero felice e calda di gratitudine per lui "Fai quello che è giusto, Josef. Io oggi sono tua più di prima, più della promessa."
E queste le mie immagini...
Immagine 1
Immagine 2
Immagine 3
Immagine 4
Immagine 5
|