| xxxSibillaxxx |
| | Santi e cani
Molti Santi hanno legato la loro vita, almeno per un po', ai cani.
San Cristoforo Martirizzato in Licia nel III sec. d.C. dalle persecuzioni di Decio, San Cristoforo è oggi noto a tutti come il protettore degli automobilisti e dei viaggiatori in genere. E’ citato in questa rassegna per una curiosità che lo lega al cane: in buona parte della iconografia medio-orientale San Cristoforo è rappresentato con la testa di cane. Questo si deve al fatto che alcune fonti lo vogliono di origine cananea (il paese dei cani), altre dicono che è originario di Licopoli (città dei lupi), un paese della Licia e altre ancora che sia nato a Cinopoli (la città dei cani) in Cinopolitania.
Santa Margherita Sedotta da un cavaliere ancora 17enne, Santa Margherita da Cortona, dopo anni di amore contrastato dalla famiglia e un figlio nato nel frattempo, perse il fidanzato. Fu il suo cane a ritrovarne il corpo assassinato in un bosco e a condurre colà Santa Margherita. Questa, sconsolata e ancora osteggiata dalla famiglia, scelse la strada del convento per darsi a Dio e all'amore verso di lui. Visse esclusivamente di contemplazione e di preghiere e l'unico che le rimase vicino fino all'ultimo fu quel cane che ancora oggi appare nella iconografia religiosa mentre tira la veste a Margherita per condurla al corpo del suo cavaliere.
Sant'Uberto Un Venerdì Santo il Signore si rivelò ad Uberto in una croce tra le corna di un cervo. Uberto era a caccia ma quel giorno non si poteva perchè la religione lo vietava. Il Signore allora ordinò ad Uberto di recarsi, penitente, dal vescovo Lamberto a Maastricht. L'incontro portò Uberto a prendere i voti e, nel 780, lui stesso divenne vescovo di Maastricth. Anche da vescovo continuò a coltivare la sua passione per i cani e per la caccia che praticò nelle Ardenne. Alla sua morte lasciò tutti i suoi segugi ai monaci della sua abbazia, i quali continuarono ad allevarli per secoli. Quel segugio ancora oggi porta il suo nome, Cane di Sant'Uberto, e ancora oggi questo santo è il protettore dei cacciatori.
Sant'Antonio Abate E' conosciuto anche come il “santo del porcello”, dall'iconografia popolare che lo ritrae sempre con un maialino, simbolo del demonio tentatore contro cui egli combattè in vita durante i suoi lunghi ritiri nel deserto. Fu lui infatti l'iniziatore della vita anacoretica e del monachesimo cristiano. Nato in Egitto verso il 250, questo santo è venerato in tutto l'occidente come protettore contro la peste e il fuoco, ma anche come protettore degli animali domestici e cani in particolare che figurano sempre nella iconografia a lui dedicata. Nel giorno della sua festa si usa distribuire pani benedetti a uomini e animali e in molti paesi gli animali vengono portati sul sagrato della chiesa per la pubblica benedizione.
San Rocco San Rocco, nato in Francia a Montpellier nel XIII o XIV sec., è molto venerato nelle regioni meridionali. La tradizione popolare lo invoca come protettore contro le malattie del bestiame e della peste. Infatti, in pellegrinaggio verso Roma si imbatté in una epidemia di peste, assistè i malati e operò molte guarigioni miracolose. Ammalatosi anch'egli si rifugiò in una grotta per attendere la morte, invece sopravvisse grazie anche all'acqua che miracolosamente zampillava dalla roccia e all'aiuto di Reste, il cane che compare al suo fianco nell'iconografia popolare, con un tozzo di pane in bocca che portava ogni giorno a San Rocco, malato, nella grotta.
San Domenico In un sogno attribuito alla madre di San Domenico c’è un cane bianco e nero che porta una torcia ardente con cui si deve dare fuoco al mondo. San Domenico lo ritenne un segno del signore e adottò come simbolo della missione dei Domenicani proprio quel cane e la sua torcia (“domini canes” in latino, significa “cani del signore”). Esso rappresentava la seria minaccia a streghe ed eretici che con il fuoco sarebbero stati messi al rogo. Ancora oggi quel cane è presente nell'iconografia dell'ordine e lo stesso abito dei domenicani ne ripropone i colori.
San Vito Un ragazzetto con a fianco uno o più cani, così appare San Vito nell'iconografia italiana. Siciliano, lucano o pugliese che sia, questo Santo, vissuto nel III sec. d. C. e fatto martire dall'imperatore Diocleziano, ha come principale prerogativa quella di ammansire i cani idrofobi e in genere le bestie feroci o colpite dalla rabbia, ma anche gli idrofobi in senso metaforico e i tarantolati (in Puglia si dice di loro che “hanno il ballo di san Vito”). Si narra infatti che il Santo fosse rimasto indenne dopo il morso di un cane idrofobo. Da qui la sua fama di taumaturgo, protettore delle greggi e degli animali da tiro.
San Guinefort Da ultimo eccovi un santo singolare, San Guinefort. E' singolare perché questo santo è proprio un cane in carne ed ossa. A onor del vero di San Guinefort ce ne sono due, uno umano (martirizzato a Pavia) e l'altro cane (un levriero vissuto in Francia poco più a nord di Lione); ma quello di cui vogliamo parlare è il cane. Questo raccolse intorno a sé una gran moltitudine di devoti, soprattutto madri che chiedevano protezione per i loro figli. Il suo culto si estese così tanto che la chiesa ad un certo punto dovette intervenire per vietarlo perchè, giustamente, ritenuto irriverente per la cristianità e pagano. Fatto sta che per molta gente della regione francese di Dombes questo levriero è stato oggetto di una lunga e fervida venerazione. Ecco brevemente la sua storia così come la riporta la tradizione popolare. Guinefort era il cane da caccia di un cavaliere. Quando un giorno questi si allontanò dal suo castello, lo lasciò a guardia del suo figliolo infante che riposava nella culla. Ad un tratto un grosso serpente si infilò nella camera del fanciullo, ma il pronto intervento di Guinefort che mise a morte il serpente scongiurò il pericolo per il bambino. Nel trambusto che ne derivò la culla si rovesciò e coprì il bimbo che continuò pacificamente il suo sonno. Di ritorno il cavaliere, alla vista della culla rovesciata e del cane insanguinato dai morsi del serpente, si scagliò contro Guinefort e lo uccise convinto che fosse stato lui ad uccidere il fanciullo, poi ne scaraventò il corpo nel cortile. Tornato in camera si accorse però che il piccolo era indenne sotto la culla e da parte giaceva il corpo straziato del serpente. Capì allora che le cose erano andate diversamente da come le aveva immaginate e che il povero Guinefort era stato ingiustamente punito. Tornò quindi da lui e lo seppellì con tutti gli onori. La tomba del cane divenne poi un luogo di pellegrinaggio della gente del contado e Guinefort fu acclamato santo per volontà del popolo.
(Fonte: Vito Buono, "Santi e cani", in ciaopet.com)
| | |
| |
|