| Il non sapere cosa l’altro stia decidendo della vostra storia è un tormento lancinante, che distrugge ogni singolo frammento della mente, del cuore; ci si tormenta su mille se, ma, forse…puoi avere in te la sicurezza del nero o bianco, del così o niente…ma i dubbi, le paure impregnano la tua anima e alla fine cerchi d’aggrapparti alla più flebile speranza, anche se non credi agli strappi del tira e molla..eppure quando ami, quando ami intensamente una persona, tutto perde il suo senso…
Da una settimana, ero nel limbo più completo, rannicchiata in me stessa, lo sguardo vuoto, senza più lacrime, ed un’inferno interno che non poteva essere spiegato alle amiche, a mia madre, a me stessa…vegetavo…ecco sì vegetavo..
Fu uno sock sentire la sua voce per telefono, quasi non fiatavo, paura di sbagliare, di sentirmi dire quello che temevo di più, io di solito così travolgente, rimanevo zitta, fiatando appena.
- Partiamo. Io e te, lontani, una settimana per noi, per parlare, per chiarire. Proviamoci. Partiamo -.
Ho accettato, lasciando perplessi i miei genitori, gli amici, ho preparato la sacca e l’indomani mattina presto, sono scesa in parcheggio, non c’è stato un vero e propio saluto, non potevo, l’ultima briciola di orgoglio m’impediva di non scoppiare in lacrime e parlare avrebbe fatto traboccare il tutto.
Si era detto di parlare, eppure, sino a Brescia l’unico a parlare, del più e del meno è stato lui, senza affrontare l’argomento, io guardavo dal finestrino, chiedendomi cosa ci facevo lì, cosa mi aspettavo, cosa volevo io e cosa voleva lui…La sera intanto calava e anche il mio animo si rabbuiava sempre di piùl.
L’imbarazzo, la sensazione forte dell’imbarazzo, appena entrati in camera la vista del letto matrimoniale..intimità..ecco la parola che lampeggiava nella testa, come a ritornare ai primi incontri, quando, seppure con amore, goffi e imbarazzati ci si trovava a stare soli.
Alla fine parlammo, discutemmo, piansi e gli lanciai contro l’anello, sfiniti, come due estranei ci sdraiammo nel letto, uno all’estremità oppusta e nel mezzo, una voragine enorme che tendeva a separarci.
Non fu facile la mattina dopo riprendere il viaggio, la morte nel cuore, il rancore, la rabbia, la disperazione eppure, eppure la voglia di crederci, la voglia di tentare e andare avanti, almeno fino ad Aosta.
Ci sistemammo in camera, bella, tutta in legno ben rifinita, enorme ed un letto matrimoniale in accordo con gli altri elementi, leggermente mansardata, dotata di sei picole finestre che davano su una valle stupenda. Il nido perfetto per chi si scambia amore.
Nella giornata non parlammo molto di noi stessi, forse per paura di ammettere la verità, che era finita, che non funzionava..ma tenaci nel non volerlo ammettere, esploravamo la città, fingendo di essere felici, col risultato di arrivare a sera, sfiniti crollando sul letto.
E già i problemi…il letto, seppur bello, in realtà aveva la rete sfaciata, e dormire era un’incubo, così decidemmo di spostare tutto, materassi, federe e coperte, per terra, davanti a due delle piccole finestre, spalancate per permettere all’aria di circolare e rinfrescarci.
Non so cosa mi svegliò, forse fu il tuono, mi alzai lenta mettendomi in ginocchio davanti la finestra, guardando i lampi susseguirsi, le saette, cercando di farmi cullare dal ruomore della pioggia.
Le sue braccia mi strinsero, il suo corpo mi avvolse, le nostri pelle nude, si strofinarono l’una contro l’altra, il suo profumo, le mani che mi coccolarono dolci.
Mi abbandonai contro il suo petto, senza una parola, i capelli smossi dall’aria facemmo l’amore così, lentamente, dolcemente mentre l’eco dei nostri sospiri si perdeva nei tuoni, i nostri corpi illuminati a tratti dai lampi.
Ci accoccolammo nel letto, stretta tra le sue braccia e piansi silenziosa..
- E’ finita? -
- Si –
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