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| | Da un lato l’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che lo ha rilanciato con un pressing costante lungo tutto il suo settennato (“Mi dà la carica”, disse); dall’altro i calciatori della Nazionale, spesso impietosamente inquadrati dalle telecamere nell’atto di non cantarlo, l’ultimo, in ordine di tempo, Mauro Germàn Camoranesi, l’oriundo argentino che ammette candidamente di non conoscerne le parole. Insomma, l’inno nazionale, “Il Canto degli Italiani”, meglio conosciuto come "Fratelli d’Italia", appassiona e divide.
Se ne avete voglia, continuate a leggere il post e scoprirete delle curiosità sulla sua storia e sul suo significato...
L’Inno, scritto nel 1847 dall’allora ventenne patriota genovese Goffredo Mameli dei Mannelli e musicato da Michele Novaro, genovese pure lui, vanta una lunga storia. Debuttò il 10 dicembre di quell’anno sul piazzale del Santuario di Oregina, a Genova - in occasione del centenario della cacciata degli Austriaci - alla presenza di 30mila persone e fu il canto di Garibaldi e i suoi Mille (1.089, per l’esattezza) durante lo sbarco a Marsala, l’11 maggio 1860. Da quel lontano giorno di 146 anni fa fu adottato (provvisoriamente) solo il 12 ottobre del ‘46, mentre è diventato ufficialmente “l’Inno” solo il 17 novembre 2005 grazie a un decreto legislativo (emanato da Ciampi).
Fratelli d'Italia L'Italia s'è desta, Dell'elmo di Scipio S'è cinta la testa. Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma, Ché schiava di Roma Iddio la creò. Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò.
Scipio = La cultura di Mameli è classica e forte è il richiamo alla romanità. È di Scipione l'Africano, il vincitore di Zama, l'elmo che indossa l'Italia pronta alla guerra.
Vittoria = La Vittoria si offre alla nuova Italia e a Roma, di cui la dea fu schiava per volere divino. La Patria chiama alle armi: la coorte, infatti, era la decima parte della legione romana.
Noi siamo da secoli Calpesti, derisi, Perché non siam popolo, Perché siam divisi. Raccolgaci un'unica Bandiera, una speme: Di fonderci insieme Già l'ora suonò. Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò.
Bandiera = una bandiera e una speranza (speme) comuni per l'Italia, nel 1848 ancora divisa in sette Stati, ma già desiderosa di arrivare all'unificazione.
Uniamoci, amiamoci, l'Unione, e l'amore Rivelano ai Popoli Le vie del Signore; Giuriamo far libero Il suolo natìo: Uniti per Dio Chi vincer ci può? Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò.
Mazziniano e repubblicano, Mameli traduce qui il disegno politico del creatore della Giovine Italia e della Giovine Europa. "Per Dio" è un francesismo, che vale come "attraverso Dio", "da Dio".
Dall'Alpi a Sicilia Dovunque è Legnano, Ogn'uom di Ferruccio Ha il core, ha la mano, I bimbi d'Italia Si chiaman Balilla, Il suon d'ogni squilla I Vespri suonò. Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò.
In questa strofa, Mameli ripercorre sette secoli di lotta contro il dominio straniero. Anzitutto, la battaglia di Legnano del 1176, in cui la Lega Lombarda sconfisse Barbarossa. Poi, l'estrema difesa della Repubblica di Firenze, assediata dall'esercito imperiale di Carlo V nel 1530, di cui fu simbolo il capitano Francesco Ferrucci. Il 2 agosto, dieci giorni prima della capitolazione della città, egli sconfisse le truppe nemiche a Gavinana; ferito e catturato, viene finito da Fabrizio Maramaldo, un italiano al soldo straniero, al quale rivolge le parole d'infamia divenute celebri "Tu uccidi un uomo morto".
Sebbene non accertata storicamente, la figura di Balilla rappresenta il simbolo della rivolta popolare di Genova contro la coalizione austro-piemontese. Dopo cinque giorni di lotta, il 10 dicembre 1746 la città è finalmente libera dalle truppe austriache che l'avevano occupata e vessata per diversi mesi.
Ogni squilla significa "ogni campana". E la sera del 30 marzo 1282, tutte le campane chiamarono il popolo di Palermo all'insurrezione contro i Francesi di Carlo d'Angiò, i Vespri Siciliani.
Son giunchi che piegano Le spade vendute: Già l'Aquila d'Austria Le penne ha perdute. Il sangue d'Italia, Il sangue Polacco, Bevé, col cosacco, Ma il cor le bruciò. Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò
L'Austria era in declino (le spade vendute sono le truppe mercenarie, deboli come giunchi) e Mameli lo sottolinea fortemente: questa strofa, infatti, fu in origine censurata dal governo piemontese. Insieme con la Russia (il cosacco), l'Austria aveva crudelmente smembrato la Polonia. Ma il sangue dei due popoli oppressi si fa veleno, che dilania il cuore della nera aquila d'Asburgo.
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